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lunedì 21 ottobre 2013

CONSIGLIO DI LETTURA: GEAB NR 78 - E' COMINCIATA LA DE-AMERICANIZZAZIONE DEL MONDO


Torna nei nostri consigli di lettura l'appuntamento con il gruppo leap 2020 e il loro report Geab, arrivato al numero 78.

Buona lettura.















GEAB n. 78 del 15 Ottobre 2013 – SOMMARIO

Tradotto da Franco dalla versione originale in lingua Francese

“Costruire la de-americanizzazione del mondo“: qualche anno fa questa dichiarazione avrebbe fatto sorridere. Sarebbe potuta passare, al massimo, per una provocazione di Hugo Chavez. Ma quando assistiamo in diretta al fallimento degli Stati Uniti e constatiamo, allo stesso tempo, che quest’affermazione l’ha fatta un’agenzia di stampa ufficiale cinese, allora l’effetto non è più lo stesso …

Economia reale statunitense – Fine 2013, la frantumazione della società, causata dalle politiche finanziarie di Washington/Wall Street, diventa insopportabile

In tutto il paese … i consumi, la povertà, la salute, l’istruzione, la violenza, l’economia parallela e quella della droga, la polizia di stato: tutte luci che, se non proprio rosse, sono quanto meno arancione. La situazione è tale che la paralisi decisionale e la negazione della realtà non possono più essere negate. Secondo LEAP/E2020, dopo il 2014 …

Valutazione annuale del rischio-paese

Come ogni anno, LEAP/E2020 aggiorna la sua valutazione del rischio-paese per 40 stati, nel loro passaggio attraverso la crisi sistemica che stiamo vivendo. Queste valutazioni hanno lo scopo di far riflettere sulla capacità dei 40 paesi di superare la crisi …

Raccomandazioni strategiche ed operative

Il settore immobiliare è sempre a rischio

Il Renminbi, una diversificazione sicura

Portare il proprio business su Internet: difficile ma inevitabile

Obbligazioni di Stato: meglio restarne lontani …

GlobalEurometre – Risultati ed analisi

La sensazione generale che emerge da quest’indagine non è quella di una grande inquietudine. Si torna a quella sorta d’incuranza rilevata a Settembre, dopo le vacanze estive [ ... ], un certo senso di miglioramento economico ha cominciato ad emergere …

GEAB n. 78 – E’ COMINCIATA LA DE-AMERICANIZZAZIONE DEL MONDO – EMERGERANNO SOLUZIONI PER UN MONDO MULTIPOLARE, ENTRO IL 2015


Ci sono dei momenti in cui la storia accelera. Qualunque sia l’esito dei negoziati sullo “shutdown” e sul “debt ceiling”, questo Ottobre 2013 è senz’altro uno di quei momenti. Si è verificato un “blocco” di troppo, che ha aperto gli occhi a chi ancora sostiene gli Stati Uniti. Un leader viene seguito quando è temuto, non quando è ridicolo.

“Costruire la de-americanizzazione del mondo“: qualche anno fa questa dichiarazione avrebbe fatto sorridere. Sarebbe potuta passare, al massimo, per una provocazione di Hugo Chavez. Ma quando assistiamo in diretta al fallimento degli Stati Uniti e constatiamo, allo stesso tempo, che quest’affermazione l’ha fatta un’agenzia di stampa ufficiale cinese (1), allora l’effetto non è più lo stesso.

In realtà, l’agenzia parla ad alta voce di un processo che è già ampiamente iniziato: la novità è che ora è possibile discuterne pubblicamente. Il blocco del Governo degli Stati Uniti ha almeno il merito di aver sciolto il linguaggio (2). Sia ben chiaro, quest’analisi non è stata pubblicata da un media cinese per caso, essa riflette l’indurimento dei “falchi” di Pechino.

In effetti, se il mondo intero trattiene il fiato davanti al patetico gioco delle élites statunitensi, non è per compassione, ma per evitare di essere coinvolti nella caduta della prima potenza mondiale.

Tutti stanno cercando di sottrarsi all’influenza americana, e di slegarsi dagli Stati Uniti, definitivamente screditati dai recenti episodi sulla Siria, sul tapering [riduzione del QE3, ndt], sullo shutdown [stop ai pagamenti federali, causato dalla mancata approvazione del budget per le spese federali, ndt] ed ora anche sul debt-ceiling [limite massimo – ovvero il tetto – al debito pubblico, ndt]. La leggendaria potenza che furono gli Stati Uniti d’America, è diventata niente più che un potere nocivo, ed il mondo ha capito che era il momento di de-americanizzarsi.

Questa prospettiva, e la verbalizzazione delle cose non dette, (3) ha finalmente liberato un’intera gamma di soluzioni che in precedenza erano dei frutti acerbi – venivano addirittura represse. Queste soluzioni accelereranno la costruzione del mondo-del-dopo, ed apriranno un secondo mondo, multipolare, organizzato attorno ai principali blocchi regionali.

Dopo un esame delle delusioni americane, il nostro team analizza, in questo numero del GEAB, le forze che plasmeranno questo mondo che sta cambiando.

Torniamo, nell’ambito della sezione “Telescope” [il Geab integrale è costituito da 4 sezioni: 1. Perspective – 2. Telescope – 3.Focus – 4. The GlobalEurometer, ndt], sullo stato reale della società statunitense che – dietro al miraggio del mercato azionario e della finanza – ben illustra il crollo del modello americano, e partecipa anch’essa a questa presa di distanza.

Aggiorniamo, infine, la nostra valutazione annuale del rischio-paese per 40 stati, a completamento del quadro globale, e presentiamo, naturalmente, sia le nostre tradizionali raccomandazioni che il GlobalEurometre.

1 . “No, non possiamo” [nella versione originale, “No, we can’t”, in ironica contrapposizione allo “Yes, we can” di Barak Obama, ndt]

2 . Crisi a raffica

3 . Shutdown: il mondo ride, ma è un riso forzato

4 . De-americanizzazione a tutti i livelli

5 . Il petrol-dollaro è morto, viva il petrol-yuan

6 . La Cina prende per mano Eurolandia

7 . Russia, America del Sud, continua la de-occidentalizzazione

In questo annuncio pubblico presentiamo le parti 1, 2 e 3 .

“NO, NON POSSIAMO”

Come cambiano, i tempi. Il mondo intero ha dimenticato parole come libertà, speranza … ed anche il famoso slogan “Yes, we can” – rappresentativo della società americana, agli occhi delle generazioni precedenti – per non parlare ora dello shutdown e del debt-ceiling. Questi ultimi non rendono esattamente la stessa dinamica immagine, che da positiva è diventata francamente negativa.

È sorprendente constatare quanto l’attuale situazione americana confermi l’adagio che “la sfortuna non arriva mai da sola”.

In solo un mese e mezzo, prima lo schiaffo sulla questione siriana – da parte della Russia stessa – poi l’ammissione della Fed sull’impossibilità di ridurre il Quantitative Easing (4). A seguire, l’incapacità di far approvare dal Congresso il budget per le spese federali – il che significa la chiusura del Governo Federale, lo shutdown, un arresto che si sta estendendo ben al di là del ragionevole (5) – ed infine una trattativa sul tetto al debito federale, il debt-ceiling, ancora senza soluzioni a due giorni dalla sua scadenza [17 Ottobre 2013].

Gli Stati Uniti, inoltre, sono stati invitati dal G20 a ratificare la riforma del FMI – che essi bloccano da tre anni – ed a mettere in ordine le loro finanze, da parte della Banca Mondiale e dal FMI (6). Ed ora la ramanzina cinese.

CRISI A RAFFICA

La successione di queste crisi è abbastanza inquietante per il paese, e testimonia l’accelerazione senza precedenti verso uno shock ormai imminente. C’è della fatalità, in queste crisi. Ma c’è anche una dose di recupero strategico. Lo shutdown è stato largamente strumentalizzato da Barak Obama, che ha messo sotto pressione i Repubblicani per la votazione sul tetto del debito, che è una questione ben più importante per gli Stati Uniti.

Non si tratta ovviamente che di un mezzo successo, possiamo aspettarci un rialzo solo provvisorio del tetto, la qual cosa servirà a rimandare i problemi di qualche settimana (7); ma non è escluso, tuttavia, che sia fatta una scelta tragica … quello che ci troviamo ad anticipare, in effetti, non è più nel campo del razionale.



Costo dell’assicurazione contro il default per 10 milioni di Dollari del debito pubblico USA. Fonte: Markit.

In effetti, nonostante i commentatori si concentrino solo sul Tea Party – che è riuscito a prendere in ostaggio il Partito Repubblicano e la società americana, allo stesso modo con cui un socio di minoranza controlla una società attraverso una holding – un’altra lettura può comunque essere fatta.

Molti americani guardano in faccia la realtà: il loro paese è in bancarotta. Ed allora, è meglio rimandare il confronto con la realtà, al costo di un’amplificazione dei problemi, o è meglio risolverli adesso? Gran parte della popolazione non vede di cattivo occhio un default nei pagamenti (8). Quale altra soluzione è disponibile, del resto, a lungo termine? Esiste ancora, quindi, la volontà di non far precipitare la crisi, tra i Repubblicani?

Questa è l’occasione ideale perché possano darne la colpa al Tea Party, che ha dichiarato senza mezzi termini che “nessun accordo è meglio di un cattivo accordo” (9). Quello che vogliamo dire è che questa volta, o forse in un’altra, in un futuro molto prossimo, potrebbero anche essere tentati di tagliare il nodo gordiano.

Allo stesso modo, una ripresa strategica si è sicuramente verificata, quando la Fed ha fatto marcia indietro sulla riduzione del suo Quantitative Easing. Perché la Fed ha lasciato intendere che avrebbe ridotto il QE3 senza, però, farlo? Questa è la prima volta che coglie decisamente di sorpresa tutti gli investitori – convinti al 100% del tapering [riduzione del QE, ndt] – che avevano fatto della forward guidance un principio ben stabilito [è uno degli strumenti a disposizione di una Banca Centrale per condizionare, con le sue previsioni, le aspettative dei mercati sui futuri tassi d’interesse, ndt].

Non c’è alcun legame con i reati di aggiotaggio, avveratisi nel momento dell’annuncio della Fed (10), che hanno portato miliardi di Dollari ai loro autori? Tutto questo conferma la nostra ipotesi che l’establishment finanziario americano abbia bisogno di essere salvato attraverso operazioni di questo tipo, libero anche di mettere a rischio la credibilità della Fed.

Ancora soluzioni, comunque, di breve termine, che peggiorano la situazione, ma rimandano un po’ la scadenza finale. Non siamo gli unici ad aver dato l’allarme sulle banche americane: la Banca d’Inghilterra si aspetta il fallimento di grandi banche, che hanno perso lo status di “troppo grandi per fallire” (11). Ribadiamo quindi il nostro avvertimento, al riguardo.

Come per un pugile, tutti questi colpi hanno stordito il paese, e non manca che l’ultimo perché questo sia messo al tappeto. Se non dovesse esserci un default americano nel mese di Ottobre, vorrà dire che un’altra scadenza è stata evitata, ma che essa si ripresenterà ancora ed ancora.

SHUTDOWN: IL MONDO RIDE, MA E’ UN RISO FORZATO

Quando abbiamo scritto nel GEAB n. 77 in relazione alla votazione sul bilancio, ovvero: “senza dubbio un compromesso last-minute sarà trovato, o più probabilmente lo sarà poche ore o pochi giorni dopo la scadenza del termine”, è chiaro che stavamo sottovalutando le divergenze politiche a Washington, ovvero che i “pochi giorni” che avevamo in mente si sono stati trasformati in settimane.

Il quotidiano Le Monde, come anche uno dei suoi siti, ha titolato “il triste spettacolo di Washington” (12). Ma, alla fine, lo shutdown non ha avuto un impatto smisurato sui mercati finanziari (13), “e quindi tutto va per il meglio”, sembrano pensare molti Repubblicani, che ben si adattano ad una paralisi dello Stato Federale ed alla conseguente riduzione della spesa pubblica.

Questa non è certamente l’opinione di quei paesi che, ad esempio, possiedono un’elevata quantità di T-bonds statunitensi, che si sentono ostaggio degli Stati Uniti (14). Essi sono sbalorditi dall’insostenibile leggerezza e dall’atteggiamento irresponsabile di chi, fino a poco tempo fa, era ancora “il capo”.

Se il paese farà default sul suo debito, l’onda d’urto sarà certamente terribile. Tuttavia non sarebbe la fine del mondo, se l’eventuale default dovesse assumere la forma di un semplice ritardo – di qualche giorno – nei pagamenti.

Le diverse parti del mondo ne sarebbero influenzate in modo molto diseguale, sulla base del loro livello di disaccoppiamento con l’economia degli Stati Uniti. No, il paese che soffrirà maggiormente, conseguenza di questa soluzione [e di qualsiasi altra], sarà lo stesso Stati Uniti d’America. Per la cronaca, ricordiamo che gli statunitensi detengono i due terzi del loro debito.



Segmentazione del debito pubblico americano. Rosso: detentori stranieri - Marrone: detentori privati ??nazionali - Azzurro: detentori pubblici nazionali. Fonte: npr.org

È per questo che la maggior parte dei paesi ha già cominciato ad attuare questo grande disaccoppiamento, con in testa la Cina, che ben sa, dopo Sun Tzu, che “quando il tuono scoppia, è troppo tardi per tapparsi le orecchie” (15).

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Note:

(1) Fonte: Xinhuanet (Agenzia Nuova Cina, 13/10/2013), RFI (13/10/2013).

(2) Anche il Financial Times scrive (02/10/2013): “L’attuale sistema basato sul Dollaro è intrinsecamente instabile”. Incredibile ammissione, per un giornale finanziario anglosassone.

(3) L’eco mondiale ricevuto dall’articolo cinese, mostra l’interesse che ha suscitato questa dichiarazione – fatta dalla seconda potenza mondiale – e conferma che si è rotto un tabù. Tutto ciò aiuterà ad implementare le soluzioni a lungo attese dalla maggioranza dei paesi. Si veda ad esempio l’eccellente analisi di Asia Times, 15/10/2013.

(4) Fonte: Bloomberg, 18/09/2013 .

(5) Fonte: CNN, 14/10/2013 .

(6) Fonte: ad esempio Pressafrik, 12/10/2013 .

(7) Fonte: New York Times, 15/10/2013 .

(8) Il 58% degli americani avrebbe votato contro l’aumento al tetto del debito. Fonte: Fox News, 08/10/2013 .

(9) Fonte: Le Monde, 15/10/2013 .

(10) Fonte: USA Today, 24.09.2013 .

(11) Fonte: Telegraph, 12/10/2013 .

(12) Le Monde, 14/10/2013 .

(13) Ovviamente, perché la Fed ha continuato con il suo sfrenato Quantitative Easing.

(14) Ostaggi comunque consenzienti, visto che si finanziano massicciamente e volontariamente in questo paese …



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